mercoledì 3 giugno 2015

Scioperi e rivolte nel Medioevo

Scioperi e rivolte nel Medioevo
Le città italiane ed europee nei secoli XIII-XV
di Maria Paola Zanoboni
pp. 244, € 19,00
Jouvence, 2015
ISBN: 978-8878014794

L'inaudita pressione fiscale, l'incertezza sulla destinazione del denaro riscosso, il dissenso nei confronti dei ceti dirigenti e la volontà di rappresentanza politica, le rivendicazioni salariali per aumentare compensi ormai troppo bassi, l'ingiustizia e la parzialità dei tribunali, produssero negli ultimi decenni del '3OO in tutta Europa le più sanguinose rivolte dell'epoca medievale. Era l'apogeo di una situazione che, sin dalla fine del 200, aveva visto alternarsi e sovrapporsi una serie di eventi catastrofici fatti di calamità naturali di ogni genere, crisi economiche, tracolli bancari, per culminare col ritorno della peste in Europa (1348). In questo cupo scenario, uomini e donne di ogni ceto sociale e di ogni lembo del Vecchio Continente si affannavano cercando di sopravvivere.
Maria Paola Zanoboni Dottore di Ricerca dal 1996 e Cultore della Materia dal 1997 presso l’Università degli Studi di Milano, ha pubblicato 4 volumi e circa 50 saggi (oltre a quelli divulgativi) sulla storia del lavoro e delle manifatture, con particolare riferimento alla produzione milanese quattrocentesca, alcuni dei quali di un certo interesse artistico (il contratto di apprendistato dell’Amadeo, la vetrata di Sant’Eligio, i ricamatori).

1 commento:

  1. Anche nel Medioevo ci si ribellava contro il fisco (Paolo Stefanato, Il Giornale,31 maggio 2015, sintesi)
    Dalle Fiandre, alla Francia, alla Toscana si organizzavano rivolte non tanto per il pane,ma per motivi più evoluti: trasparenza, rappresentanza, equità Il volume affronta questi argomenti con rigore scientifico ma anche con spirito divulgativo, cosa che rende questa lettura, oltre che istruttiva, molto piacevole:parla di salariati e di imprenditori, di scioperi, di lavoro nero, di previdenza, di infortuni; nell'edilizia, nell'industria tessile, nei cantieri navali. E dedica tre capitoli anche a professioni allora in forte ascesa: ai notai, ai medici e al servizio sanitario medievale, e agli speziali, titolari di vere botteghe della salute.
    Già nel '200 si diffusero in tutta Europa tumulti che avevano origine nelle esigenze di ordine socio-economico provocate dal malcontento politico generale, diretto contro le élites dirigenti e dovuto alla situazione fiscale e alla gestione delle finanze urbane. Il ceto medio aspirava ai vertici delle magistrature cittadine, dalle quali era escluso, in particolare nella giustizia, monopolio del patriziato. Gli operai volevano più equità nel rapporto di lavoro. Nel 1253 ad Arras, dopo una rivolta, vennero addirittura abolite le corporazioni sospettate di essere ricettacolo di rivolte. A Douai il consiglio cittadino legiferò in più occasioni contro chi si asteneva dal lavoro: nel 1245 vennero comminate multe e il bando dalla città per chi avesse sospeso il lavoro o organizzato assemblee. Tre tessitori vennero decapitati per aver ingiuriato le autorità municipali. A Provins, nel 1281, un aumento delle tasse suscitò la reazione di tutti i lavoratori tessili, e per dividerli il sindaco pensò di allungare di un'ora la giornata lavorativa. La reazione di migliaia di operai fu immediata: il sindaco venne ucciso e le case delle autorità cittadine bruciate. Tensioni crescenti si crearono sul finire del '200 perché l'Inghilterra aumentò le tasse sull'esportazione della lana, provocando nelle Fiandre un aumento dei prezzi che fu contrastato con una diminuzione del costo del lavoro e una più stretta regolamentazione della manodopera. Le proteste erano tese anche verso quel valore democratico che oggi chiamiamo trasparenza: nel 1279, il re di Francia obbligò (sotto pressione popolare) le città delle Fiandre a rendere conto annualmente della gestione delle finanza a tutti i cittadini che lo avessero domandato. L'ingiustizia, che aveva nell'imposizione fiscale la leva più evidente perché colpiva pesantemente i beni di prima necessità, spingeva a dire: “i poveri che lavorano con le proprie mani pagano più dei ricchi”, e l'abisso di disuguaglianza tra i lavoratori più poveri e i mercanti aumentava.
    In Italia disordini, verso la metà del Trecento, caratterizzano Firenze, Genova, Bologna, Roma, Napoli e molte altre città. Anche qui i tumulti successivi alla peste del 1348, non furono dovuti alla richiesta di pane, ma a motivi fiscali, di rappresentanza politica e all'esigenza di giustizia. Con il celebre tumulto dei Ciompi (Firenze 1378), i salariati dell'arte della lana (13mila persone su una popolazione cittadina di 55mila) riuscirono a ottenere per 4 anni il governo della città.

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