Descripcio Victorie Beneventi
di Andreas Ungarus
a cura di Fulvio Delle Donne
pp. LIV, 142, € 21,25 (scontato nel sito ISIME)
ISIME, 2014
ISBN: 978-88-98079-15-5
Sebbene sia stata solitamente negletta e spesso totalmente ignorata, la Descripcio victorie Beneventi di Andrea Ungaro merita senza alcun dubbio di essere riscoperta.
L’operetta, di cui qui si fornisce una edizione critica assolutamente
nuova (la prima completa), accompagnata da traduzione italiana, è la
fonte più dettagliata sulla battaglia combattuta tra Manfredi di Svevia e
Carlo I d’Angiò a Benevento il 26 febbraio 1266. Composta probabilmente
nel 1282, in occasione dello scoppio dei Vespri Siciliani (anche se non
possono essere escluse fasi redazioni precedenti), fornisce
importantissime informazioni sulla battaglia che segnò un momento
cruciale nella storia dell’Italia, dell’Impero, della Chiesa e quindi
del mondo, perché mise fine al dominio della dinastia degli Hohenstaufen
aprendo la strada all’affermazione della stirpe angioina, destinata a
regnare, in Italia, per circa due secoli. Usando, infatti, e
trascrivendo interamente alcune epistole inviate, nelle ore
immediatamente successive alla conclusione della battaglia, da alcuni
importanti protagonisti dello scontro bellico (tra questi lo stesso
Carlo I d’Angiò), porta alla nostra conoscenza dettagli sostanziali
sugli schieramenti in campo, sulle fasi del combattimento, sul
ritrovamento, dopo alcuni giorni, del corpo di Manfredi.
Tuttavia, la Descripcio victorie Beneventi, ben scritta ed elaborata nello stile fiorito e ornato che caratterizza la prosa retorica del secolo che vide il trionfo dei dictatores,
non esaurisce i motivi di interesse esclusivamente con la relazione
sulla battaglia di Benevento, o con quella della federiciana porta di
Capua, di cui pure viene offerta la prima accurata descrizione. Infatti,
essa aggiunge una importante tessera al mosaico della cultura europea:
quella retorico-letteraria e quella politico-propagandistica di un’epoca
che, in seguito alla alterazione degli antichi equilibri, sprigionò
quelle nuove energie, che, inarrestabilmente, avrebbero condotto
all’Europa degli stati nazionali, i quali, al di fuori e talora contro
l’Impero e la Chiesa, non sarebbero più stati disposti a riconoscere la
superiorità di autorità egemoniche e assolute, ma, allo stesso tempo,
troppo distanti e incorporee.
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