San Romedio. Una via sacra attraverso il Tirolo storico
di Fiorenzo Degasperi
pp. 208, € 16,00 (acquista online a € 13,60)
Curcu & Genovese, 2015
ISBN: 978-88-6876-065-6
San Romedio, Sankt Romedius, come ogni santo che si rispetti, vive tra
la leggenda e la storia, in quel territorio liminale dove cronologia,
eventi, fatti e misfatti si confondono per diventare qualche cosa
d’altro: la testimonianza del tempo sacro dell’uomo. E’ vissuto nel IV
secolo, nel VI, oppure nel IX secolo? O è, come scrive Hans Voltelini,
un figlio dei potenti Herrensalz, i Signori del Sale, di Thaur, vissuto
nell’XI secolo?
O, come qualcun altro ipotizza, non è mai vissuto realmente ma è il frutto di una devozione popolare che, nel corso dei secoli, ha sovrapposto, scambiato, mescolato diverse figure, tutte facenti parte del meraviglioso e del fantastico. Sono tante le storie che, nel corso dei secoli, si sovrappongono.
In realtà, come sostiene la storiografia contemporanea, soprattutto quella tedesca, la storia di san Romedio ascrive la sua nascita nell’XI secolo, proiettandolo in una scenografia composta da un mondo ritornato selvaggio dopo le angosce dell’Anno Mille, una natura quasi vergine, una società molto gerarchizzata, un popolo contadino nella miseria, pochi potenti signori della guerra o della preghiera, Romedio si trova in compagnia di un popolo atterrito, pellegrino in una terra che, come il serpente che si morde la coda, è ritornata ad assomigliare a quella dell’epoca preromana. Il suo viaggio sarebbe stato quindi un pellegrinaggio tra cappelle e chiese sparse sulle montagne, con i loro campanili che sfidano le tempeste e orientano le anime perse nella bufera o nel peccato verso la sicurezza della pietra sacra. Preghiere e gesti, guarigioni e ossessioni, concorrono a calmare la collera divina che, quotidianamente, si abbatte sui villaggi, sulle persone e sugli animali. Nel cammino tra Thaur e il vicino santuario-monastero di St. Georgenberg, nella valle dell’Inn, quindi tra Thaur e Trento, tra la città di San Vigilio e Tavon – con la parentesi del pellegrinaggio a Roma –, nell’ombrosa forra anaune dove innalza il suo eremo-santuario su un antico luogo di culto, Romedio traccia una geografia del sacro e dell’immaginario. Una geografia dove l’uomo e l’animale orso fanno parte dello stesso mondo, in conflitto e in armonia allo stesso tempo.
Noi abbiamo seguito le fonti finché queste non ci portano nel deserto delle idee e delle speranze. Allora le abbiamo abbandonate, seguendo i sentieri dell’immaginario popolare, delle leggende scritte e delle leggende orali, entrambe infide come tutte le fiabe, ma che costituiscono la vera religiosità popolare che ha saputo, per secoli, ritagliarsi una devozione senza tempo e senza spazio, offrendoci una geografia sacra instabile e improbabile ma profondamente umana. Faremo parlare i silenzi della storia, i silenzi che parlano sovente più della parola scritta e del documento-monumento.
Romedio e San Vigilio: tutte le storie e le leggende ci portano a quel tempo carico di umori, timori e speranze. Lì dove fate, draghi, orchi e altri esseri meravigliosi affollano la fantasia popolare e danno corpo a sogni di rivalsa in un mondo rovesciato: la foresta, la forra, la rupe dell’eremo in quel lembo d’Anaunia non sono solo il luogo del rifugio, del ritiro e del rifiuto di un mondo mondano. Sono il luogo dove la natura si contrappone alla cultura, dove l’orso è mansueto ed è un ottimo compagno di viaggio.
Siamo entrati in questa geografia, percorrendo la via sacra e spirituale che da Thaur conduce, attraverso le Alpi, ricalcando l’antica “via del sale” e la posteriore “strada imperiale”, nella terra d’Anaunia, transitando per l’antica Tridentum romana, nella consapevolezza che le vie sacre sono quelle che il Santo stesso percorse. Di tappa in tappa si è cercato di ricostruire i legami storico-artistici con i luoghi toccati, aprendo una finestra sulle religiosità atesina e tirolese e sul lascito della tradizione nell’iconografia e nell’agiografia nei secoli successivi. Una tradizione che si è arricchita con il passare del tempo fino a diventare oggi un punto di riferimento importante per la cultura europea e che ha fatto dell’eremo una tappa religiosa e turistica ineludibile, non solo per ogni fedele ma anche per chi ama ripercorrere le strade della storia, dell’arte e della cultura europea e, in particolare, di quella tirolese.
Il libro, riccamente illustrato, è completato da diverse mappe che delineano il percorso da effettuare a piedi, sulle tracce di Romedio. Un viaggio devozionale, un’escursione nel ricco patrimonio artistico e culturale del Tirolo del nord, del Südtirol/Alto Adige e del Trentino. Inoltre un corposo capitolo, dopo che diverse cappelle e i loro arredi artistici – affreschi, sculture, segni di devozione, ecc. – sono stati completamente restaurati, ci fa da guida, passo dopo passo, del santuario anaune.
O, come qualcun altro ipotizza, non è mai vissuto realmente ma è il frutto di una devozione popolare che, nel corso dei secoli, ha sovrapposto, scambiato, mescolato diverse figure, tutte facenti parte del meraviglioso e del fantastico. Sono tante le storie che, nel corso dei secoli, si sovrappongono.
In realtà, come sostiene la storiografia contemporanea, soprattutto quella tedesca, la storia di san Romedio ascrive la sua nascita nell’XI secolo, proiettandolo in una scenografia composta da un mondo ritornato selvaggio dopo le angosce dell’Anno Mille, una natura quasi vergine, una società molto gerarchizzata, un popolo contadino nella miseria, pochi potenti signori della guerra o della preghiera, Romedio si trova in compagnia di un popolo atterrito, pellegrino in una terra che, come il serpente che si morde la coda, è ritornata ad assomigliare a quella dell’epoca preromana. Il suo viaggio sarebbe stato quindi un pellegrinaggio tra cappelle e chiese sparse sulle montagne, con i loro campanili che sfidano le tempeste e orientano le anime perse nella bufera o nel peccato verso la sicurezza della pietra sacra. Preghiere e gesti, guarigioni e ossessioni, concorrono a calmare la collera divina che, quotidianamente, si abbatte sui villaggi, sulle persone e sugli animali. Nel cammino tra Thaur e il vicino santuario-monastero di St. Georgenberg, nella valle dell’Inn, quindi tra Thaur e Trento, tra la città di San Vigilio e Tavon – con la parentesi del pellegrinaggio a Roma –, nell’ombrosa forra anaune dove innalza il suo eremo-santuario su un antico luogo di culto, Romedio traccia una geografia del sacro e dell’immaginario. Una geografia dove l’uomo e l’animale orso fanno parte dello stesso mondo, in conflitto e in armonia allo stesso tempo.
Noi abbiamo seguito le fonti finché queste non ci portano nel deserto delle idee e delle speranze. Allora le abbiamo abbandonate, seguendo i sentieri dell’immaginario popolare, delle leggende scritte e delle leggende orali, entrambe infide come tutte le fiabe, ma che costituiscono la vera religiosità popolare che ha saputo, per secoli, ritagliarsi una devozione senza tempo e senza spazio, offrendoci una geografia sacra instabile e improbabile ma profondamente umana. Faremo parlare i silenzi della storia, i silenzi che parlano sovente più della parola scritta e del documento-monumento.
Romedio e San Vigilio: tutte le storie e le leggende ci portano a quel tempo carico di umori, timori e speranze. Lì dove fate, draghi, orchi e altri esseri meravigliosi affollano la fantasia popolare e danno corpo a sogni di rivalsa in un mondo rovesciato: la foresta, la forra, la rupe dell’eremo in quel lembo d’Anaunia non sono solo il luogo del rifugio, del ritiro e del rifiuto di un mondo mondano. Sono il luogo dove la natura si contrappone alla cultura, dove l’orso è mansueto ed è un ottimo compagno di viaggio.
Siamo entrati in questa geografia, percorrendo la via sacra e spirituale che da Thaur conduce, attraverso le Alpi, ricalcando l’antica “via del sale” e la posteriore “strada imperiale”, nella terra d’Anaunia, transitando per l’antica Tridentum romana, nella consapevolezza che le vie sacre sono quelle che il Santo stesso percorse. Di tappa in tappa si è cercato di ricostruire i legami storico-artistici con i luoghi toccati, aprendo una finestra sulle religiosità atesina e tirolese e sul lascito della tradizione nell’iconografia e nell’agiografia nei secoli successivi. Una tradizione che si è arricchita con il passare del tempo fino a diventare oggi un punto di riferimento importante per la cultura europea e che ha fatto dell’eremo una tappa religiosa e turistica ineludibile, non solo per ogni fedele ma anche per chi ama ripercorrere le strade della storia, dell’arte e della cultura europea e, in particolare, di quella tirolese.
Il libro, riccamente illustrato, è completato da diverse mappe che delineano il percorso da effettuare a piedi, sulle tracce di Romedio. Un viaggio devozionale, un’escursione nel ricco patrimonio artistico e culturale del Tirolo del nord, del Südtirol/Alto Adige e del Trentino. Inoltre un corposo capitolo, dopo che diverse cappelle e i loro arredi artistici – affreschi, sculture, segni di devozione, ecc. – sono stati completamente restaurati, ci fa da guida, passo dopo passo, del santuario anaune.
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