Riuso, pseudospolia e arcaismo tra XI e XIII secolo
di Gianluigi Viscione
pp. 266; € 39,00
Franco Angeli, 2024
ISBN:9788835162155
In
agendis siquidem huiusmodi, apprime de convenientia et cohaerentia
antiqui et novi operis sollicitus Suger, abate di Saint-Denis, Libellus
alter de consecratione ecclesiae Sancti Dionysii, 2.
Tutto ciò non fa altro che dimostrare come opere dell'Altomedioevo esercitino un indubbio fascino in termini estetici e talvolta siano vere e proprie fonti d'ispirazione artistica. In più, un simile successo non può che presupporre anche l'esistenza di un gusto e di un pubblico che apprezza il decorativismo astratto altomedievale, malgrado dalla nostra prospettiva di moderna e post-rinascimentale venerazione della Classicità possa sembrarci apparentemente impossibile. In Toscana, tutto questo sembra avvenire non solo ma con maggior frequenza tra XI e buona parte del XII secolo, prima dell'assoluto prevalere come linea vincente del naturalismo di derivazione classica che già a queste date muove i suoi primi passi.
Gli studi sul fenomeno del reimpiego, e più estesamente del recupero, dell'Antico nel Medioevo si sono finora prevalentemente concentrati sul ricorso a elementi scultorei dell'Antichità greco-romana.
Tuttavia, benché in misura minore, alcuni cantieri architettonici d'età romanica talvolta impiegano in modo esibito frammenti provenienti da arredi liturgici realizzati tra VIII e IX secolo. Accanto a reali episodi di riuso, è possibile, inoltre, riconoscere casi di pseudospolia, cioè sculture che si fingono elementi di recupero tentando di apparire più antiche e parte di un insieme scomposto in realtà mai esistito. Oltre all'esibizione di spolia autentici o solo apparenti, incontriamo infine sculture e decorazioni architettoniche vivacemente arcaizzanti che recuperano retrospettivamente stilemi e soluzioni altomedievali, rielaborandoli con grande libertà e fantasia. Una simile casistica viene ripercorsa, per la prima volta in questo studio, considerando una serie di edifici romanici della Toscana, affascinati a vario titolo dall'astrattismo altomedievale. L'analisi stilistico-formale dei frammenti scultorei e dei contesti architettonici entro cui si trovano reinseriti, unita all'impiego di fonti storiche e archeologiche, permettono, nella più totale assenza di documentazione che ne dia ragione, di tratteggiare per tale scelta culturale una pluralità di possibili motivazioni di volta in volta estetiche, politico-istituzionali e religiose.
Gianluigi Viscione ha conseguito il dottorato di ricerca presso l'Università di Firenze discutendo una tesi sul fenomeno del reimpiego di materiale scultoreo altomedievale, la realizzazione di falsi spolia e i casi di arcaismo in Toscana e Abruzzo. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'Università di Bologna nell'ambito di un progetto di ricostruzione digitale dell'assetto duecentesco del complesso di San Domenico. I suoi temi di ricerca abbracciano il reimpiego e il recupero del linguaggio astraente della scultura dell'Altomedioevo, le forme dello spazio liturgico, la scultura funeraria, l'architettura altomedievale del Mezzogiorno e le relazioni artistiche tra le sponde del Mediterraneo.
Tutto ciò non fa altro che dimostrare come opere dell'Altomedioevo esercitino un indubbio fascino in termini estetici e talvolta siano vere e proprie fonti d'ispirazione artistica. In più, un simile successo non può che presupporre anche l'esistenza di un gusto e di un pubblico che apprezza il decorativismo astratto altomedievale, malgrado dalla nostra prospettiva di moderna e post-rinascimentale venerazione della Classicità possa sembrarci apparentemente impossibile. In Toscana, tutto questo sembra avvenire non solo ma con maggior frequenza tra XI e buona parte del XII secolo, prima dell'assoluto prevalere come linea vincente del naturalismo di derivazione classica che già a queste date muove i suoi primi passi.
Gli studi sul fenomeno del reimpiego, e più estesamente del recupero, dell'Antico nel Medioevo si sono finora prevalentemente concentrati sul ricorso a elementi scultorei dell'Antichità greco-romana.
Tuttavia, benché in misura minore, alcuni cantieri architettonici d'età romanica talvolta impiegano in modo esibito frammenti provenienti da arredi liturgici realizzati tra VIII e IX secolo. Accanto a reali episodi di riuso, è possibile, inoltre, riconoscere casi di pseudospolia, cioè sculture che si fingono elementi di recupero tentando di apparire più antiche e parte di un insieme scomposto in realtà mai esistito. Oltre all'esibizione di spolia autentici o solo apparenti, incontriamo infine sculture e decorazioni architettoniche vivacemente arcaizzanti che recuperano retrospettivamente stilemi e soluzioni altomedievali, rielaborandoli con grande libertà e fantasia. Una simile casistica viene ripercorsa, per la prima volta in questo studio, considerando una serie di edifici romanici della Toscana, affascinati a vario titolo dall'astrattismo altomedievale. L'analisi stilistico-formale dei frammenti scultorei e dei contesti architettonici entro cui si trovano reinseriti, unita all'impiego di fonti storiche e archeologiche, permettono, nella più totale assenza di documentazione che ne dia ragione, di tratteggiare per tale scelta culturale una pluralità di possibili motivazioni di volta in volta estetiche, politico-istituzionali e religiose.
Gianluigi Viscione ha conseguito il dottorato di ricerca presso l'Università di Firenze discutendo una tesi sul fenomeno del reimpiego di materiale scultoreo altomedievale, la realizzazione di falsi spolia e i casi di arcaismo in Toscana e Abruzzo. Attualmente è assegnista di ricerca presso l'Università di Bologna nell'ambito di un progetto di ricostruzione digitale dell'assetto duecentesco del complesso di San Domenico. I suoi temi di ricerca abbracciano il reimpiego e il recupero del linguaggio astraente della scultura dell'Altomedioevo, le forme dello spazio liturgico, la scultura funeraria, l'architettura altomedievale del Mezzogiorno e le relazioni artistiche tra le sponde del Mediterraneo.
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