Carmina Burana, una doppia rivoluzione
L'invenzione medievale e la riscoperta novecentesca
di Davide Daolmi
pp. 300; € 33,00 (Acquista onlne con il 5% di sconto)
Carocci, 2024
ISBN: 9788829021574
A partire dagli anni Sessanta del Novecento la restituzione di un medioevo fisico, ritmico e passionale entra nelle sale da concerto. La nuova estetica, in contrasto con molte convinzioni musicologiche, non è estranea ai Carmina Burana di Carl Orff. La critica rimane imbarazzata sia verso Orff sia verso le sperimentazioni della musica medievale. Oggi, meno influenzati dalle ideologie politiche e culturali del secolo scorso, è possibile ripercorrere quella vicenda rivoluzionaria, dalla riscoperta della musica antica alla sua rivisitazione metal. Vi è però alle spalle un episodio ben più significativo. Il manoscritto da cui Orff trasse i testi per la sua cantata non è uno dei tanti codici medievali di poesia latina, ma il primo canzoniere mai concepito: genere che avrà in seguito straordinaria fortuna, con i trovatori e con Dante. Il tentativo di fermare sulla pagina l’immaterialità di una canzone (qualcosa che fino a quel momento viveva solo come performance) è l’altra inaspettata rivoluzione che si racconta nel volume. Riavvicinando i due piani – la prassi di oggi e le fonti di ieri – e mettendo in relazione due epoche, l’indagine sul Codex Buranus tenta di chiarire le ragioni della canzone medievale e le ipocrisie musicali della modernità.
Davide Daolmi è professore associato di Storia delle teorie musicali e Storia della
musica medioevale e rinascimentale nel Dipartimento di Beni culturali e
ambientali dell’Università degli Studi di Milano. Si è occupato di
opera, storia culturale, studi di genere. Ha pubblicato monografie ed
edizioni critiche, fra cui le due versioni della Petite messe solennelle di Rossini (Fondazione Rossini, 2013). D’ambito medievistico si ricordano Trovatore amante spia (LIM, 2015) e Storia della musica dalle origini al Seicento (Le Monnier, 2019).
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