Dizionario Simboli del Medioevo
di Gérard de Champeaux, Sébastien Sterckx
traduzione di Monica Girardi
pp. 324, € 50,00
Jaca Book, 2022
ISBN: 9788816417458
Non è improprio affermare che l’antropologia cristiana è
un’antropologia in chiave simbolica, nel momento in cui essa definisce
l’uomo icona di Dio, immagine della Sua gloria pur se porta in sé le
stimmate del peccato. L’uomo, creato a immagine di Dio e recante in sé
il Suo sigillo, è perciò per sua costituzione proiettato in una
dimensione simbolica, ed è istintivamente portato a riconoscere in ciò
che lo circonda – la natura, in primis, – la stessa valenza simbolica
dalla quale si sente costituito. Un tipo di attenzione alle espressioni
simboliche che l’uomo nella sua storia si è dato, in tutte le epoche e
in ogni luogo, sembra spesso considerare questo atteggiamento come un
inevitabile, ma fortunatamente passeggero, stadio di inferiorità
dell’uomo, destinato a superarlo e ad affrancarsi attraverso la
realizzazione di sé in un umanesimo assoluto. Ma come rammenta Mircea
Eliade in un illuminante saggio, «il pensiero simbolico non è di dominio
esclusivo del bambino, del poeta o dello squilibrato; esso precede il
linguaggio e il ragionamento discorsivo, e rivela determinati aspetti
della realtà – gli aspetti più profondi – che sfuggono a qualsiasi altro
mezzo di conoscenza». (Immagini e simboli. Saggi sul simbolismo magico
religioso, Jaca Book, Milano 1981, ult. ed. 2021, pag. 16).
È
indispensabile partire da questa constatazione per addentrarci nel campo
dell’espressione simbolica, e ciò vale in misura particolare quando si
voglia accostare la cultura medievale, senza dubbio quella che
maggiormente ha reso visibile nelle sue manifestazioni la dimensione
simbolica che la permeava. Questo libro parla di arte, perché è per lo
più attraverso l’arte che possiamo conoscere oggi la cultura e la
spiritualità medievale. Ma non si ferma alla sola arte, come non limita
il suo campo al solo Medioevo. Va a scoprire nel cuore dell’uomo di ogni
epoca e di ogni luogo il bisogno inarrestabile di immagine e di
simbolo; lo fa mettendo in evidenza tra l’altro persistenze ed analogie
impensabili lungo l’arco della storia, nel tempo e nello spazio. Dalla
lettura del “Dizionario Simboli del Medioevo” si esce più consapevoli di
appartenere a una umanità che trascende le diversità di razza e di
cultura; l’uomo, prima che come essere sociologicamente, etnicamente e
culturalmente determinato, esiste come creatura ed afferma la sua
fratellanza con gli altri uomini riconoscendo ed esprimendo sia pure in
forme diverse il medesimo rapporto che lo lega al Creatore.
Che questo
tema venga accostato mediante la contemplazione di molte fra le opere
d’arte più belle che il Medioevo abbia prodotto, ci pare particolarmente
significativo, perché pone a sottofondo di tutto il testo il desiderio
più grande dell’uomo: quello della eterna bellezza, quella bellezza che
Hans Urs von Balthasar definisce «l’ultima parola che l’intelletto
pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che
incorniciare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro
del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto». (Gloria, una
estetica teologica. Vol. I, La percezione della forma, Jaca Book, Milano
1971, ult. ed. 2012, pag. 10). Antropologia e teologia si ricompongono
dunque in una misteriosa e inseparabile unità.
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