La cucina di Dante e Boccaccio
Saggio storico e ricette ritrovate
di Cutini Susanna, Hasbun Shady, Rebuffo Francesco Vittorio, Revelli Sorini Alex
pp. 122, € 15,00
Edizioni Il Fornichiere, 2021
EAN: 9788831248761
Le ricette che troverete in questo testo sono state rielaborate dallo
chef Shady Hasbun prendendo spunti dai primi manoscritti italiani di
cucina del XIV sec. Questi libri esprimono una cultura già definibile
come italiana, pur muovendosi in una logica più ampia, il modello
suggerito non è di tipo locale bensì internazionale, una sorta di
“koiné” con molti punti in comune e ricette ricorrenti nelle varie aree
d’Europa.
Il superamento del concetto ristretto di “territorio” rappresentava
nel Medioevo un obiettivo delle tavole dei ceti superiori, che ambivano a
una cucina per così dire “artefatta” oltre le dimensioni locali. Questo
modello non escludeva tuttavia la possibilità di individuare nel
contesto europeo degli ambiti di identità culturale più “nazionali” e
“regionali”.
Se sul piano politico l’Italia non esisteva, sul piano culturale era
invece una realtà ben viva anche attraverso i sapori e i modelli del
gusto.
I primi ricettari italiani del tempo hanno denominazioni di piatti
che richiamano gli usi locali della penisola. Il più antico di questi,
il meridionale Liber de coquina propone ricette di cavoli
“all’uso dei romani”, verdure “all’uso della Campania”, fagioli “all’uso
della Marca di Treviso”; fra gli ingredienti ricorda la semola pugliese
e la pasta genovese, fra i prodotti il “composto lombardo” ossia la
mostarda di Cremona. Altri ricettari trecenteschi ricordano il “pastello
romano”, la torta “di Lavagna”, il sale di Sardegna e quello di
Chioggia.
Attenzione però a queste denominazioni non possiamo dare totale
credito geografico, perché in molti casi sembra si tratti di
intitolazioni celebrative, scarsamente legate a specifiche tradizioni
locali di cucina. Tali denominazioni – a prescindere dal reale
significato di ciascuna di esse – mostrano comunque come si iniziasse ad
avere l’esigenza del concetto di “specialità”.
Fu agli inizi del Trecento, probabilmente alla corte angioina di Napoli, che venne redatto il già citato Liber de coquina.
Da questo ricettario, scritto in latino, ne derivarono altri, tradotti
in lingua volgare con vari adattamenti alle realtà locali, come il Libro della cocina così detto Anonimo Toscano della fine del XIV sec.
Secondo molti storici il Liber de coquina è stato
utilizzato, nelle sue diverse stesure, fino alla fine del XV secolo,
conosciuto in l’Italia, Francia e Germania. Questa fortuna europea si
spiega forse tenendo conto della lingua “internazionale” – il latino –
in cui venne realizzato il testo. Per quanto riguarda l’Italia,
l’ampiezza geografica della diffusione del libro è il segno – e in parte
lo strumento – di una cultura gastronomica non certo omogenea, ma
comunque condivisa.
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