mercoledì 17 dicembre 2014

Pittura tardogotica nel Salento

Pittura tardogotica nel Salento
di Sergio Ortese
pp. 356, € 50,00
Congedo Editore, 2014
ISBN: 9788867660834

È significativo rilevare come queste testimonianze siano la cartina al tornasole di una cultura figurativa tardogotica originale e sostanzialmente autoctona rispetto a quella di altre aree del Sud Italia, a cominciare da Napoli. «Siamo di fronte dunque al fiorire di una cultura pittorica essenzialmente “pugliese”, con la particolarità di non essere, per questo suo aspetto locale, una cultura dagli esiti qualitativi meno felici, che anzi il livello artistico ne è, non di rado, elevato». Nel corso di questa ricerca saranno illustrati oltre trenta esempi di architetture del Salento che, oltre al celeberrimo cantiere di Santa Caterina d’Alessandria di Galatina (v. infra il saggio di Antonella Cucciniello), presentano ancora oggi, sia pure in forma frammentaria, isolata o priva di contesto, decorazioni murali tardogotiche, spesso originariamente partecipi di un programma iconografico più vasto. Inoltre, almeno sette di questi edifici contemplano veri cicli pittorici tardogotici. Questi dati, già estremamente notevoli alla luce di quanto sopra esposto, sono certamente suscettibili di nuove acquisizioni se si procederà con maggiore sistematicità nell’applicazione di aggiornati metodi di indagine specialistica prima di qualsiasi azione-manomissione su beni architettonici e manufatti scultorei, anche ove apparentemente privi di finiture o di interesse “culturale”. Per comprendere appieno l’importanza della questione relativa alle opere totalmente dimenticate, perché celate, si deve considerare che la quasi totalità delle decorazioni murali tardogotiche superstiti, sopraccitate, sono state rinvenute nell’ultimo mezzo secolo sotto a semplici scialbature o a più complesse sovrammissioni, anche strutturali. Era dunque per così dire fisiologico che le potenzialità territoriali chiamate in causa dallo stesso Pellegrino di Puglia avessero inciso anche sul piano della produzione figurativa e del mercato artistico. Era altresì logico che il primato raggiunto dal capoluogo salentino nel Cinquecento, all’interno del panorama regnicolo (Lecce alias ‘Neapolis’), poggiasse sugli antefatti di un «Rinascimento negato». In effetti, il Salento in epoca tardomedievale era stato una realtà socioeconomica, politica e artistica, molto più simile a un centro che a una periferia, anche per la presenza della più potente, sia pure turbolenta, casata feudataria del Regno, una presenza reale e consapevole, totalmente lontana dalla mistificante apparenza di una periferia addirittura coloniale.
Sergio Ortese, storico dell’Arte classe 1971, vive e lavora a Lecce. Nel 2000 si laurea con lode presso l’Università degli Studi di Lecce, Facoltà di Beni Culturali. Da quest’ultima ottiene un assegno di ricerca biennale (2001-2003) occupandosi di ‘committenza artistica nel Salento fra Tre e Quattrocento; contestualmente stabilisce una proficua collaborazione con l’insegnamento specialistico di Storia dell’Arte Medievale in Puglia, in qualità di cultore della materia e membro della commissione di profitto negli esami. Nel 2009 consegue il titolo di dottore di Ricerca in Storia dell’Arte Meridionale tra Medioevo ed Età Moderna presso l’ateneo leccese. Consulente per il Museo Provinciale di Lecce per oltre dieci anni, ha collaborato con prestigiosi enti di ricerca (Isufi, Politecnico di Bari) e insegnato Storia dell’Arte presso università, accademie e scuole di ogni ordine e grado. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche, nel 2009 fonda e dirige, curandone i primi cinque volumi, la collana De là da mar. Scritti di Storia dell’Arte (Lupo editore) che si prefigge di riconoscere, studiare e valorizzare, in forma multidisciplinare, alcuni misconosciuti tesori artistici della Puglia.

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