Plutarchi Chaeronensis
De tranquillitate et securitate animi Guillielmo Budaeo interprete
A cura di Stefano Martinelli Tempesta
pp. XII-183, € 42,00
Sismel, 2019
ISBN: 978-88-8450-844-7
Anche se gli studi degli ultimi decenni hanno fatto emergere un numero cospicuo di traduzioni latine quattrocentesche dei Moralia plutarchei, resta nella sostanza ancora valido il giudizio a suo tempo espresso da Konrat Ziegler, secondo il quale furono le Vitae di Plutarco ad avere un notevole influsso sulla cultura quattrocentesca, piuttosto che i Moralia. Nella fattispecie, un testo come il De tranquillitate animi,
così importante nella diffusione delle dottrine eutimistiche e che pure
ebbe una circolazione umanistica nell'originale greco, non fu mai
tradotto nel corso del Quattrocento.
Dobbiamo la prima traduzione latina
dell’opuscolo a uno dei padri fondatori degli studi greci in territorio
transalpino, Guillaume Budé, che nei primi anni del Cinquecento aveva
aperto la strada alla fortuna europea di Plutarco traducendo i Placita philosophorum (1502, per Germain de Ganay), il De fortuna Romanorum insieme al De Alexandri fortuna aut virtute (1503, per Pierre de Courthardy). Il De tranquillitate animi fu tradotto da Budé entro il maggio del 1505, tumultuario stylo,
durante una missione che il re di Francia gli aveva affidato presso il
papa, Giulio II, al quale la versione fu dedicata. Di questa traduzione,
apparsa a stampa per la prima volta presso Josse Bade nel 1505 e poi
più volte ristampata, sono sopravvissute – per quanto sinora emerso –
tre copie manoscritte, delle quali una, il ms. lat. 124 della biblioteca
di Ginevra, è considerata quella di dedica a Giulio II e preserva, nei
margini, alcuni interventi autografi di Budé.
Quanto mai opportuna,
dunque, un’edizione critica che tenga conto della tradizione manoscritta
e degli esemplari a stampa (alcuni dei quali, tra l’altro, presentano
interventi a penna dei quali l’editore dà notizia alla fine della sua
prefazione). Questa versione, infatti, nonostante i limiti dovuti alla
non stretta aderenza al dettato dell’originale greco, secondo una
precisa e consapevole tecnica versoria, ebbe una grande influenza,
grazie alla riconosciuta autorevolezza del suo autore: fu, per esempio,
tradotta in inglese da Thomas Wyat e in italiano da Antonio Massa; fu,
inoltre, utilizzata quale fonte di ispirazione critico-testuale a
partire dai grandi ellenisti del Cinquecento, come Xylander e Muret, per
giungere a Daniel Wyttenbach e agli apparati delle moderne edizioni
critiche dei Moralia plutarchei.
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