Gemma purpurea
di Guido Faba
Edizione critica a cura di Michele Vescovo
pp. XI-231, € 58,00
Sismel, 2022
ISBN: 978-88-9290-153-7
Guido Faba appartiene alla generazione di maestri bolognesi che, nella prima metà del Duecento, imprime all’insegnamento del dictamen una
svolta decisiva: non solo ne riformula l’apparato normativo, ma opera
anche un’enfatizzazione del suo ruolo sociale. Composta presumibilmente
tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta, nell’ultima fase
del magistero fabiano, la Gemma purpurea si presenta come un
agile manuale volto a illustrare, in una logica esemplificativa, le
tecniche della scrittura epistolare: dopo il prologo, in cui la
conoscenza del dictamen viene emblematicamente rappresentata in
termini sapienziali, il testo contiene liste di aggettivi e sostantivi
(suddivisi per categorie sociali), liste di verbi e avverbi (distinti in
base al significato) e modelli di exordia (organizzati secondo
un criterio cetuale o in base alla parola iniziale), oltre a qualche
indicazione di carattere generale. Uno degli aspetti più interessanti
dell’opera risiede nella presenza, al suo interno, di quindici brevi
modelli in volgare: l’apertura al volgare costituisce una novità nel
campo dell’ars dictaminis e risulta tanto più significativa in
quanto si concretizza in un ambiente culturale come quello bolognese, in
cui il latino mantiene ben salda la propria egemonia nell’insegnamento
della retorica. Il volume, dopo una presentazione della biografia e
degli scritti di Guido Faba, analizza compiutamente l’opera e ne
fornisce l’edizione critica.
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