Dante e la dimensione visionaria tra medioevo e prima età moderna
a cura di Bernard Huss, Mirko Tavoni
a cura di Bernard Huss, Mirko Tavoni
pp. 192, € 18,00
Angelo Longo Editore, 2019
ISBN: 978-88-9350-032-6
Che cosa significa che la Divina Commedia è il
racconto della visione dell’aldilà che Dante afferma di avere avuto, il
resoconto di ciò che giura di avere visto? Queste affermazioni sono
“vere”, e in che senso possono esserlo? O sono fittizie, giustificate
dall’eccezionale inventività poetica dell’autore messa al servizio di
una auto-assegnata missione di rigenerazione della Cristianità? Il
dilemma fra queste due interpretazioni polari rischia di essere
indecidibile e sterile, ma questo agile volume, frutto di un seminario
interdisciplinare tenuto all’Italienzentrum della Freie Universität di
Berlino sotto l’egida della Fondazione Alexander von Humboldt, porta
risultati originali che fanno fare passi avanti alla nostra comprensione
dei fatti. Il retroterra di Dante viene illuminato in varie direzioni:
dal possibile rapporto con la mistica ebraica e con quella islamica,
all’onirismo antropologico tardo antico e medievale, alle tradizioni
teologiche e profetiche legittimanti la visione dell’aldilà,
all’onirismo lirico o allegorico circolante nelle tradizioni poetiche
gallo-romanze. La vocazione visionaria di Dante viene saggiata nella
Vita nova e nel Convivio e messa alla prova della testualità del poema
sacro. Si interroga il significato dei “Danti dormienti” nelle antiche
illustrazioni della Commedia. Ed emerge la cesura epistemologica che
separa Dante dalle riprese del genere “visione” in Petrarca e Boccaccio.
Su tutto ciò il lettore troverà in questo libro molte idee nuove.
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