Il Libro d'Ore
di Giuseppe Solmi, Daniela Villani, Alessandro Balistrieri
pp. 150, € 19,00
Nova Charta, 2018
ISBN: 9788895047348
La casa editrice Nova Charta presenta nella collana “Cimelia”
un’introduzione alla conoscenza e allo studio di una delle tipologie
librarie più diffuse e amate in Europa tra Medioevo e Rinascimento.
Manoscritti vergati in latino, lingua del culto cristiano e in diverse lingue europee, “insieme
alla Bibbia, i Libri d’Ore furono i libri più diffusi – se si pensa che
dall’invenzione della stampa (1455), circa alla metà del XV secolo, se
ne conoscono più di 700 edizioni, mentre i “testimoni” manoscritti,
compresi frammenti, cuttings, fogli sciolti e naturalmente esemplari
integri, sono ancora più numerosi delle versioni stampate giunte fino ai
nostri giorni, ci rendiamo conto della vastità della loro diffusione”.
Questo è quanto spiega all’inizio Giuseppe Solmi, coautore del saggio,
libraio antiquario bolognese esperto in manoscritti medievali .
I Libri d’Ore, libri di preghiera contenenti i testi religiosi del
Breviario e del Salterio, da recitare nelle diverse ore della giornata,
presentavano un ampio ventaglio di soluzioni decorative. L’estensione e
la qualità delle miniature, su pergamena o su carta, dipendevano dalle
disponibilità finanziarie del committente che, se di alto lignaggio,
poteva rivolgersi a un miniatore famoso. La pagina divenne così campo
d’espressione artistica, testimone del gusto e del costume del tempo.
Accanto agli esemplari riccamente decorati in oro e lapislazzulo,
carichi di dipinti a piena pagina, di capilettera istoriati, destinati a
principi, sovrani e dignitari di corte, o presentati come dono nuziale,
fiorì un’intensa produzione di copie d’uso rubricate in rosso e blu,
ornate da illustrazioni miniate di minor estensione o, con l’unica
decorazione dei capilettera.
La tecnica di produzione degli esemplari manoscritti, contemplava i
fogli di pergamena che venivano tracciati a piombo imprimendovi le righe
orizzontali parallele sulle quali lo scriba redigeva il testo,
lasciando liberi gli spazi destinati ai capilettera. A questo punto il
libro passava a un primo miniatore che rubricava la lettera e decorava
le bordure, quindi a un secondo artista che abbozzava a penna il disegno
delle miniature, e/o si dedicava a miniare anche i paesaggi o gli
sfondi. Da ultimo il Maestro, che spesso era anche il titolare della
bottega, dipingeva le figure e i volti, vale a dire gli elementi
pittorici e decorativi più delicati dell’intero libro. L’oro poteva
essere applicato in foglia su uno strato preparato tramite un bolo,
quindi brunito con una pietra d’agata oppure direttamente steso a
pennello.
Tra le immagini più ricorrenti nelle pagine miniate, la foglia
d’acanto, simbolo di resurrezione, e le farfalle che ricordano l’anima
che vola verso Dio. La civetta è simbolo di saggezza. L’airone è legato a
Giobbe tentato dal diavolo. E ancora: il cane fedele compagno
dell’uomo, la lumaca, simbolo di continenza e sobrietà. Ricorrenti anche
animali ed esseri fantastici, ibridi tra uomo e animale, mostri, in
genere simboli dell’ignoto, del peccato o del “mondo alla rovescia”. Le
bordure floreali vanno ricondotte all’iconografia dell’Hortus Conclusus, un giardino immaginario, interpretato dalla teologia medievale nel significato di spazio preservato dal male.
Il saggio ripercorre alcune delle tappe più salienti della storia
europea del Libro d’Ore e dedica diverse pagine all’Italia, in
particolare alla Lombardia, dove già nella seconda metà del Trecento
spicca la notevole presenza di questi libri di preghiera: il più antico
esemplare lombardo noto è quello di Bianca di Savoia (1336-1387), madre
di Gian Galeazzo Visconti (1351-1402), databile tra il 1350 e il 1378,
mentre a Bologna nello stesso periodo accanto agli scriptoria monastici, apparvero i primi atelier laici impegnati anche in quest’arte, oltre che nell’illustrazione di testi giuridici.
Con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, accanto al Libro
d’Ore manoscritto, che continuò a essere prodotto per i clienti più
esigenti, vennero immessi sul mercato quelli prodotti in tipografia; i
primi furono stampati a Venezia tra il 1473 e il 1474. Una produzione
che va divisa in diverse tipologie: stampa su pergamena con capilettera,
bordure e illustrazioni miniate (pressoché indistinguibili dagli
analoghi esemplari manoscritti); stampa su pergamena con i soli
capilettera miniati; stampa su carta con illustrazioni impresse in
bianco e nero.
Attraverso un avvincente racconto storico e l’analisi iconografica
dell’apparato decorativo dei Libri d’Ore, Lo studio di Solmi, Villani,
Balistrieri restituisce al lettore gli aspetti sociali, di costume e di
vita quotidiana di epoche nelle quali il magistero dell’arte, la
riflessione sulla realtà e il sentimento della fede si fusero in
un’unica percezione del mondo.
Giuseppe Solmi (Bologna, 1956), libraio antiquario e titolare dello
studio bibliografico Solmi, specializzato in manoscritti occidentali e
orientali di epoca medievale, ha pubblicato per le edizioni Nova Charta,
Il manoscritto islamico, 2015
Daniela Villani (Milano, 1957) architetto e studiosa d’arte.
Alessandro Balistrieri (Bologna, 1976) è un consulente bibliografico.
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