La grande pandemia
Come la peste nera generò il nuovo mondo
di Klaus Bergdolt
traduzione di A. Frisan
pp. 311, € 18,00
Edizioni Pienogiorno, 2020
ISBN: 979-1280229007
«Quegli eventi spaventosi, che comportarono un momentaneo imbarbarimento
di tutti gli standard morali e un carico atroce di sofferenze, non si
lasciarono dietro un mondo istupidito e in declino, bensì una società
formicolante di energie e d'una ritrovata voglia di vivere» (Alessandro
Barbero). Nata nelle sconfinate steppe asiatiche e diffusasi attraverso
la Cina, la peste nera che ha travolto il pianeta nella metà del
Quattordicesimo Secolo è la più terribile pandemia che l'umanità
ricordi. Un terzo della popolazione europea ne cadde vittima, un dato
che equivarrebbe oggi a oltre 200 milioni di persone. L'Italia fu il
primo paese dell'Europa occidentale ad esserne colpito, e mentre le
altre nazioni poterono affrontarla perlomeno con una minima esperienza,
l'epidemia si abbatté sulle città che si affacciavano sul mare come una
vera sciagura. Per cinque terribili anni, la morte proiettò la sua
sinistra ombra ovunque. Ma alla fine di quel cupo incubo, tutta
l'Europa, da Venezia e alla penisola iberica, da Messina a Milano, dai
paesi di lingua tedesca a Londra, Parigi e Firenze, si sarebbe destata
profondamente diversa: quella tragica epopea avrebbe rappresentato
l'imprevisto crogiuolo di concepimento di tutta l'età moderna, liberando
energie inespresse, modificando costumi, ridistribuendo ricchezze. Il
Vecchio Mondo si accingeva al tramonto, e il rinascimento di nuova alba
sorgeva su quello Nuovo.
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